Una buona notizia per tutti i contribuenti!

Finalmente, nel novembre scorso, la Suprema Corte di Cassazione a sezione Unite (Cass. sez. Un. 23397 del 17.11.2016), cioè la massima espressione della giurisprudenza italiana, ha chiarito che i crediti della Pubblica Amministrazione cioè da Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Comuni, Regioni, ecc. si prescrivono in cinque anni, se tale pretesa non è stata accertata e consacrata tramite una sentenza passata in giudicato (cioè dopo un giudizio civile ordinario) o un decreto ingiuntivo definitivo.

Spesso la parte pubblica, per difendere le proprie pretese fondate su atti di accertamento o provvedimenti esattoriali ( magari non opposti dal contribuente e datati nel tempo), sosteneva l’applicabilità del termine decennale (termine lungo), contrariamente a quello quinquennale (breve) come facevano le difese dei contribuenti.

La Suprema Corte, invero, ha risolto il contrasto smentendo la tesi della parte pubblica e chiarendo che l’eventuale mancata attivazione da parte del cittadino a contrastare l’accertamento o il provvedimento esattoriale, determina la definitività del credito ma non converte il termine di prescrizione breve ex art. 2948 c.c. in quello lungo ex art. 2953 c.c.

Pertanto occorre prestare attenzione quando vengono notificate cartelle esattoriali, avvisi di addebito o atti di accertamento (che sono semplici atti amministrativi privi di efficacia di giudicato), per esempio emessi da Agenzia delle Entrate per crediti di natura tributaria, o da INPS per contributi previdenziali, o da INAIL per premi assicurativi, o da enti locali per tributi comunali, perché c’è la possibilità di eccepire con successo la prescrizione del credito statale.

Andrea Briganti Donati

Truffe on-line

Qualora si verifichi che il titolare di un conto corrente, con operatività on line, sia vittima del fenomeno di truffa on line, comunemente conosciuto come “Man in the Browser” (interposizione che il malware è in grado di operare fra il sistema centrale dell’intermediario e quello del singolo utente), la Banca deve dimostrare la colpa grave o il comportamento fraudolento del titolare dello strumento di pagamento, fattisspecie che non ricorre quando la truffa è stata perpetrata mediante inserimento dei dati, digitati dal cliente, non sulla pagina web della banca ma su una maschera fake di login, che si è interposta fra il PC del cliente e la pagina stessa di login: deve ritenersi che il correntista sia caduto in una insidia insuscettibile di poter essere rilevata da un soggetto non particolarmente esperto.

 

Clausole put a prezzo predefinito

La Corte d'Appello di Milano ha ribadito che l’accordo dei soci esterno al contratto sociale dal quale scaturisca in concreto un’esclusione assoluta e costante del rischio d’impresa e al quale non corrisponda alcun interesse meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., configura elusione del divieto di patto leonino ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2265 c.c. 

L’art. 2265 c.c., infatti, sancisce la nullità dei patti con cui uno o più soci sono esclusi dalla partecipazione agli utili o alle perdite.

La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie tendono ad applicare tale principio anche alle società di capitali e, al di fuori del dettato statutario, anche con riferimento ai patti tra soci (sul punto, Cass., 29 ottobre 1994, n. 8927)

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